Il collettore di vento solare, piantato sul suolo lunare perfino prima della bandiera americana, con lo scopo di catturare le particelle che dal Sole fluiscono nell’universo. Particelle che più tardi sarebbero state analizzate in laboratorio e avrebbero fornito preziose informazioni sulla composizione del vento solare.
Ma a bordo dell’Apollo 11 non c’era solo una «rappresentanza» di Berna. Infatti la ditta Kern di Aarau, produttrice di strumenti ottici di precisione, fornì gli obiettivi per la telecamera DAC da 16 mm utilizzata nel programma spaziale Apollo, costruiti appositamente per soddisfare i particolari requisiti dei viaggi spaziali. La Kern fornì anche i teodoliti utilizzati per posizionare con precisione il razzo Saturno V per il lancio. Anche il ricongiungimento perfetto dei singoli stadi del razzo fu possibile grazie a questi teodoliti.
Sempre svizzeri – della casa orologiera Omega di Bienne – erano gli orologi indossati dagli astronauti dell’Apollo 11. Orologi che avevano superato tutti gli stress test e che rimasero al loro polso per l’intera durata della missione, come backup nel caso andassero in tilt gli altri strumenti.
Un’altra impresa di Bienne, la RMB, fornì i cuscinetti a sfere del sistema di supporto vitale che gli astronauti portavano nello zaino e che tra l’altro li riforniva di ossigeno.
Anche l’Araldite, un altro prodotto svizzero, è arrivata sulla Luna. Nello scudo termico del modulo di atterraggio, che aveva il compito di proteggere la navicella dall’eccessivo calore che si forma al rientro nell’atmosfera terrestre, le resine epossidiche della Ciba di Basilea fungevano da materiali di costruzione e riempimento.
Le invenzioni «spaziali» svizzere fanno parte della nostra vita quotidiana: le chiusure con il velcro erano e continuano a essere un metodo ingegnoso per fissare gli oggetti alla navicella e per impedirne il galleggiamento. Il velcro fu inventato dall’ingegnere svizzero Georges de Mestral. La versione ottimizzata per i viaggi nello spazio venne prodotta negli USA.